Gli atti del convegno sul plasma.

C’è bisogno di stimolare la donazione di plasma per raggiungere l’autosufficienza nella produzione dei farmaci plasmaderivati. È stato questo il filo conduttore del convegno promosso da Avis Provinciale di Novara in collaborazione con l’Avis Comunale di Oleggio e il patrocinio della Città di Oleggio, che si è svolto lo scorso 9 luglio al teatro comunale di Oleggio. 

L’evento ha preso avvio con i saluti di Stefano Mognetti, presidente dell’Avis oleggese, Gianfranco Borsotti, presidente dell’Avis Provinciale e di Luca Vanelli, presidente dell’Avis Regionale Piemonte. La parola è, poi, passata ai due relatori: il dott. Gennaro Mascaro, direttore sanitario dell’Unità di Raccolta di Avis Novara e il dott. Giovanni Camisasca, direttore del Centro produzione e validazione emocomponenti e direttore dei Servizi Immunotrasfusionali e Medicina Trasfusionale Asl Borgomanero.  

 

Il plasma, un dono prezioso. 

Nel suo intervento in apertura dei lavori, il dott. Gennaro Mascaro ha spiegato che i farmaci plasmaderivati si distinguono dai farmaci tradizionali, in quanto la materia prima da cui essi derivano è una risorsa limitata, non sintetizzabile in laboratorio. Questa materia prima è il plasma umano, la parte liquida del sangue, nella quale sono sospesi gli elementi corpuscolati (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e altre componenti). 

Con l’ausilio di slides e video, il relatore ha illustrato cos’è il plasma, come si dona, chi può donarlo e a cosa serve.  

Il plasma si può ottenere in due modi: per scomposizione dalle donazioni di sangue intero, oppure può essere raccolto direttamente con l’uso di separatori cellulari, i quali, per centrifugazione, separano la componente liquida (il plasma) da quella corpuscolata. In quest’ultimo caso, si parla di plasmaferesi (aferesi in greco “sottrazione”), dato che al donatore viene tolta la sola parte liquida del sangue, mentre la componente cellulare gli viene restituita tramite lo stesso ago di prelievo. Si tratta di una donazione “più leggera” rispetto a quella tradizionale di sangue intero, perché quanto sottratto si reintegra in minor tempo. Proprio per questo motivo, la plasmaferesi può essere ripetuta con maggiore frequenza.  

Una parte del plasma donato viene utilizzato direttamente sul paziente, mentre la restante quota viene “lavorata” dalle aziende incaricate e restituita alle strutture pubbliche sotto forma di farmaci salva-vita, i cosiddetti plasmaderivati, come l’albumina, le immunoglobuline o i fattori della coagulazione.  

Nelle conclusioni, Mascaro ha posto l’attenzione, introducendo l’argomento della seconda relazione, sul fatto che l’Italia non è autosufficiente sul fronte del plasma, ma dipende dal mercato estero. “Il fabbisogno della Regione e della Nazione di plasmaderivati – ha spiegato Mascaro – è coperto solo in parte dalle nostre donazioni. È importante che ci siano donatori disponibili a donare il plasma. Se un donatore di sangue si decide, oltre alle sue donazioni di sangue intero, di venire almeno una volta all’anno a donare il plasma, avremmo in provincia di Novara plasma a sufficienza!”  

 

Il contesto regionale e nazionale. 

L’intervento successivo, tenuto dal dott. Giovanni Camisasca, ha messo in luce come l’importazione di immunoglobuline dal mercato estero, in particolare dagli Stati Uniti (paese che da solo domina il 67% del mercato globale), costi al sistema sanitario nazionale italiano circa 98,5 mln di euro all’anno. L’elevata domanda di plasmaderivati, destinata ancora a crescere in futuro, unita al rallentamento della loro produzione a livello mondiale a causa della pandemia da Covid-19, rischiano di rendere più difficile il reperimento di questi farmaci sui mercati stranieri. Un timore fondato, che trova conferma anche nel “Documento di indirizzo sull’uso delle immoglobuline umane in condizioni di carenza” elaborato congiuntamente dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e dal Centro Nazionale Sangue (CNS) dove si fa espresso riferimento alla razionalizzazione delle immunoglobuline. “È la prima volta – ha spiegato il dott. Camisasca – che esce una linea guida che raziona i farmaci. Siamo abituati ad andare in farmacia e acquistare l’aspirina nelle quantità che vogliamo. In questo non è così: non tutti i pazienti possono accedere alla terapia con le immunoglobuline. Ci sono graduazioni in base alla patologia di partenza”. 

Secondo il CNS, l’Italia potrebbe raggiungere l’autonomia nei plasmaderivati raccogliendo all’anno 18 kg di plasma ogni 1.000 abitanti. Il “Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti anno 2022” pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 4 luglio, recepisce questo obiettivo e suddivide le Regioni italiani nei seguenti gruppi

  • Gruppo I: qui rientrano le Regioni che conferiscono una quantità di plasma inferiore a 18 kg./1.000 abitanti/l’anno e con un indice di raccolta di sangue intero inferiore a 40 unità/1.000 abitanti/l’anno; 
  • Gruppo II: Regioni che conferiscono una quantità di plasma inferiore a 18 kg./1.000 abitanti/anno ma con un indice di raccolta di sangue intero superiore a 40 unità/1.000 abitanti/anno; 
  • Gruppo III: rientrano le Regioni che conferiscono plasma superiore a 18 kg./1.000 abitanti/anno e con un indice di raccolta di sangue intero superiore a 40 unità/1.000 abitanti/anno. 

In questo quadro, la Regione Piemonte si colloca nel Gruppo II, perché raccoglie più di 40 unità di sangue intero ogni 1.000 abitanti, ma si attesta all’incirca sui 16 kg. di plasma ogni 1.000 abitanti (la media nazionale è di 14,5 kg.). 

A seguire, il relatore ha mostrato e commentato una serie di dati riguardanti il sistema sangue della Regione Piemonte, procedendo anche per comparazioni con altre realtà regionali, utili a comprendere le sfide del presente. Tra queste: l’esigenza di razionalizzare i processi organizzativi della rete trasfusionale regionale e trovare soluzioni alla grave carenza di operatori sanitari, che contribuiscono al mancato raggiungimento dell’autosufficienza nella produzione di plasmaderivati. In conclusione, ha affermato che: “La disponibilità di sangue rientra nei l.e.a. (livelli essenziali di assistenza) e va garantito. Si devono compensare i costi di produzione per arrivare al pareggio di attività. Per riuscirci, dobbiamo lavorare tutti insieme in questa direzione!”. 

 

Più raccolta di plasma in Provincia. 

Al termine delle relazioni, si è aperto un interessante e partecipato dibattito, durante il quale il dott. Mascaro ha annunciato l’intenzione del SIMT di Novara di avviare in autunno un potenziamento della raccolta del plasma, garantendola anche di sabato. “La base di tutto – ha spiegato – è la formazione. Inizialmente l’idea è quella di utilizzare il personale infermieristico e medico del trasfusionale che già collaborano con l’unità mobile di raccolta, affiancandogli altro personale, al fine di renderlo via via più autonomo”. Se questo primo progetto funzionerà, prosegue Mascaro, si potrà pensare di fare lo stesso con il punto fisso di raccolta di Arona. “Teoricamente – ha osservato Mascaro – si potrebbero utilizzare tutti i punti di raccolta del novarese per raccogliere plasma, innanzitutto perché la macchina per la plasmaferesi si può trasportare agevolmente, pesa circa 25 kg., ma soprattutto perché ce lo consente la convenzione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Novara”

I dirigenti avisini presenti in sala hanno ovviamente espresso apprezzamento per questa disponibilità del SIMT di Novara. Opportuno ricordare che anche presso il Simt dell’Ospedale di Borgomanero è possibile sottoporsi alla plasmaferesi. 

Ai volontari AVIS ora il compito di sensibilizzare maggiormente i cittadini sulla donazione, oltre che del sangue intero, anche del plasma! 

Qui è possibile scaricare gli atti del convegno.

Intervento dott. Mascaro

 

Intervento dott. Camisasca

 

Video: il colore del sangue che salva una vita.

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